Editoriale #1
di Elena Strappato
Questo è il primo editoriale di Almanacco e non sappiamo ancora come raccontarci.
Per scrivere un editoriale non occorre solo la penna di una redattrice. La storia di ogni rivista, come di altri prodotti culturali, ci insegna che è in quello che nessuno vede lo snodo magnetico della sua vicenda. Molto spesso è l’andamento dei rapporti affettivi che attraversa una redazione ad avere l’impatto maggiore sulla qualità delle sue pubblicazioni. Ne può determinare il ritmo, l’armonia e anche le sue pause. Dietro ogni linea di programmazione, esiste un intreccio di esperienze e vite condivise come di incontri casuali, motivati da intenti ed entusiasmi comuni. Di tutto questo, una rivista è poi il riflesso.
Lo scorso giugno, quando abbiamo concluso le nostre attività annuali con Grisù, il festival di scritture contemporanee dello Spazio Letterario, ci siamo accorte che il ritmo accelerato a cui stavamo abituando calendari, riunioni online e piani di azione era anche lo specchio o la potenziale causa della sua mancata coesione emotiva e artistica. Ci sembra inutile fingere che, per una rivista e per un’associazione, questa dimensione non esista. Ci sembra più sensato prendere atto che l’investimento di tempo e di affetti che il lavoro culturale richiede, soprattutto se questo lavoro è non pagato, non è sempre sostenibile. Tantomeno se la retorica su cui si regge implica il costante reminder che tutta questa fatica la si fa per amore. Motivetto che sentiamo ripetere da sempre e pretesto per lavorare di più di quello che si può, per romanticizzare il burnout e l’esaurimento delle proprie forze.
Proprio perché ne siamo consapevoli, non siamo qui per avallare questa visione ma per liberarci da ciò che l’ha resa insostenibile. Vorremo ricordarci quale amore ha spinto tre anni fa un gruppo di persone, in alcuni casi strette dall’amicizia, in altri casi a malapena vicine, a dare vita a un progetto di comunità e di legame con la città. Un collettivo di insegnanti, poet3, traduttor3, studios3, aspiranti scrittrici e scrittori, che restituisse a Bologna, per quanto sentimentale possa suonare, quello che Bologna aveva fatto per loro.
Si trattava, oggi come allora, del desiderio di incontrarci tra di noi a partire dal nostro amore per la letteratura. Si trattava della necessità di leggerci a voce alta, da cui era nato, ad esempio, il Laboratorio di poesia. Si tratta ancora adesso della volontà di prendere sul serio le cose che si scrivono e di non mentire mai su quelle che si leggono. Il nostro scopo, in questo momento, è ricordarci che un libro non è mai qualcosa di astratto e di immateriale, ma un magnete intriso di materia e una ragione sufficiente per uscire di casa, fare rete, allargarla.
Per farlo però occorre continuare, soffermandosi, ovvero fare leggermente meno per farlo meglio, per accorgerci di quello che davvero ci spinge ancora a uscire di casa per parlarne insieme. Non solo perché ci sembra necessario, ma perché ci diverte, ci unisce e ci rende meno soli.
Parte del coinvolgimento affettivo ha a che fare con il tempo, lo spazio e le risorse emotive che ogni persona è disposta a condividere con le altre, il che richiede una certa messa a nudo, un parlare a cuore aperto, prima di tutto tra di noi. Senza questo incastro di desideri e di intenti, non ci può essere una redazione unita. Né tantomeno una rivista o un’associazione.
Per questo nella nostra programmazione immaginiamo una ripartenza che abbia al centro due spinte propulsive, l’amore e l’incontro, pur consapevoli delle difficoltà o delle incoerenze in cui potremmo incappare nel tentativo materiale di realizzare queste promesse.
La prima metà di ottobre vedrà l’uscita della nostra prima call for translators, curata da me, da Marta Wanicka, Vassilina Avramidi, Camilla Marchisotti, Virginia Ciampi e Marta Olivi, referente per la sezione di traduzione poetica dell’Almanacco. Si chiamerà “Pur sempre amore” e nasce dalla stanchezza di alcune redattrici verso una certa poesia amorosa, come dal desiderio di altre di continuare a scriverne, per scoprire i diversi modi in cui il linguaggio poetico può incanalare oggi un’esigenza-ombra dei nostri sensi e dei nostri corpi. In attesa delle risposte della call, continueremo a pubblicare contributi in traduzione che nascono dalla nostra spinta a rendere accessibili poesie che ancora non lo sono, con l’idea di condividere l’innamoramento stesso che ci porta a tradurle.
L’altro filone che porteremo avanti è quello dell’incontro materiale con la scrittura, con le persone che ci stanno dietro, con quello che le si muove attorno, con chi la traduce e chi la promuove. Per questo, ritroverete le rassegne di eventi con cui abbiamo abitato gli spazi della città insieme a progetti ancora nuovi, perché dirci di essere “sia un libro che un luogo” non si riduca mai solo a una metafora.
Abbiamo già iniziato a settembre, partecipando al progetto “serra madre – a place for ecological imagination”, ideato da Kilowatt, perché crediamo non possa esserci né libro né luogo di incontro se non re-immaginiamo il nostro rapporto con lo spazio e con l’ambiente. Continueremo con i progetti di “Isole”, “Raggi Gamma” e “Quasi La Stessa Cosa”, per contribuire a una riflessione sull’arte che non sia solo “una vendetta dell’intelletto sul mondo”, direbbe Susan Sontag, ma un’occasione di ricerca seria, collettiva e orizzontale.
Non cesserà nemmeno il lavoro di ricerca nelle letterature e pratiche transfemministe e queer di “String Figures” perché non crediamo nei binarismi della critica letteraria né tantomeno in una teoria scollata dalla pratica, ma in un punto di vista critico e incarnato, situato e molteplice. Sempre motivati a incontrarci e a incontrarvi, organizzeremo, come ogni anno, il Laboratorio di poesia, nuove residenze artistiche, nuovi workshop di traduzione e di scrittura visuale per imparare insieme quello che desideriamo sapere e sentirci meno sole in questo desiderio.
Quello che vorremmo fare quest’anno, con tutto questo fuori, è portarlo dentro, farlo entrare nella rivista e trasformarlo in un sapere circolare che non si esaurisca nel tempo e nello spazio di una cena, di un talk o di una presentazione. Non riusciremo a farlo sempre e non lo faremo con tutti i nostri incontri, ma ci sembra un primo tentativo per creare una continuità tra la pagina e le comunità che già esistono all’esterno, unite alla comunità che proviamo da due anni e mezzo a costruire. Questa è la postura che intendiamo assumere in questo primo periodo di ripartenza, prendendo seriamente i nostri intenti ma senza attribuire loro un carattere assoluto, consapevoli della continua evoluzione della rivista e dall’associazione.
All’interno della redazione, e per adesso, ci siamo io, Vassilina Avramidi, Virginia Ciampi, Fabio Ciancone, Simone De Lorenzi, Fausto Filograna, Camilla Marchisotti, Federico di Mauro, Eleonora Negrisoli, Marta Olivi, Lorenzo di Palma, Marta Wanicka.
L’incontro di cui parliamo non smetterà di realizzarsi anche con quello che tutt3 noi leggiamo, ascoltiamo e sentiamo. E in continuità con quello che è stato fatto negli ultimi anni, condivideremo i nostri dubbi o i nostri entusiasmi sulle produzioni artistiche che ancora una volta decidiamo di prendere sul serio e su cui non vogliamo mentire, cercando di restituire il rumore delle nostre letture critiche, convinti che nessuna lettura sia davvero un atto silenzioso e separato dal mondo. Perché, e ormai lo sappiamo, il silenzio vero non esiste.
In copertina: miniatura da un manoscritto francese del Decameron di Boccaccio (XV sec.) conservato alla Bibliothèque de l’Arsenal – Bibliothèque nationale de France [documento digitalizzato su Gallica].