Maurice Kenny è stato un poeta Mohawk. Nato a Watertown, New York nel 1929, viene considerato uno degli interpreti più importanti delle istanze politiche e culturali dei popoli nativi americani. Dopo una carriera di sessant’anni dedicata alla poesia e all’insegnamento, muore nel 2016 a Saranac Lake.
Come poeta, Maurice Kenny è stato attivo tanto nel contesto del movimento politico conosciuto come Red Power che in quello letterario della Native American Renaissance, di cui rifiuta l’etichetta, conscio che il termine “rinascimento” presuppone l’idea di una cesura nella tradizione della poesia nativa, di cui invece ha sempre valorizzato la continuità attraverso la sua dimensione orale. Nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato innumerevoli raccolte. Le più significative sono state pubblicate dall’editore White Pine Press, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, quando una rinnovata consapevolezza rispetto alle proprie radici lo porta a rifondare il suo mondo poetico, inizialmente vicino alla poesia modernista americana dei suoi maestri Louise Bogan e William Carlos Williams. La gioia della riconnessione con un passato prima ignorato che traspare nella poesia più campestre, dove viene ristabilito un legame sano e organico tra l’uomo e la natura grazie alle tradizioni Irochesi, lascia spazio anche allo sgomento e alla tristezza, alla rabbia e al lamento per un mondo gravemente compromesso dalla violenza coloniale.
Autore del primo saggio e della prima lirica che descrivono in epoca contemporanea le figure tradizionali dei Two-Spirit, rispettivamente «Tinselled Bucks: A Study on Indian Homosexuality» e «Winkte», Kenny ha svolto un infaticabile lavoro di organizzazione e di insegnamento universitario che, insieme ai centinaia di reading annuali organizzati negli Stati Uniti e in Europa, è stato seminale per la creazione della nuova sensibilità scrittoria nativo-americana. In contatto con autori celebri come N. Scott Momaday, Leslie Marmon Silko e Paula Gunn Allen, Kenny non ha vissuto un grande successo editoriale, ma ha attirato l’attenzione dei colleghi e della critica, ottenendo l’American Book Awards (per The Mama Poems) e due nomination al premio Pulitzer per le raccolte Between Two Rivers e Black Robe: Isaac Jogues.
The Mama Poems e Blackrobe rappresentano due modi diversi di risalire alle radici, quello privato e quello storico-comunitario. Questo secondo filone è sviluppato in particolare in quello che Kenny stesso considerava il suo capolavoro Tekonwatonti/Molly Brant: Poems of War dove sono esplorate la violenza e le brutalità coloniali. Pur innestandosi su un apparato retorico ricco di sfumature e su ricerche storiche amalgamate da un poetico revisionismo, la raccolta tenta di far rivivere le antiche passioni e i veri moventi dei protagonisti della guerra franco-indiana e della rivoluzione americana. Il linguaggio rimane semplice e diretto, scandito da un verso libero proteiforme che si piega e si modella sulla voce dei vari personaggi del poema.
Da Tekonwatonti/Molly Brant: Poems of War, 1992
Molly: Report Back to the Village
“Leg
blackened at the stump with blood
Fingers
scattered through brush
Torso
painted and jeweled
porcupine quills
pretty beads
beads rolling off in a line
ants
scurrying from a foot;
torso split open a ripe pumpkin
entrails
hang/drip from rib cage
belly
Swath of black hair
blue
from clouds and river water
three feathers stir in the breeze
The head…
missing
kicked off into the brush
a ball
Name
unknown/unsung
there are many
too many
Buzzards wait in the sky
Why do they call this the Indian war?
It isn’t Indians who want rivers
and land and more pelts to ship to kings
or throats to pour whisky down.
Why?
This is my report. That is all. Niaweh.”
Molly: rapporto di ritorno al Villaggio
“Gamba
nera di sangue sul moncone
Dita
sparse tra gli sterpi
Torso
dipinto e ornato
aculei di porcospino
belle perline
perline che rotolano via in fila
formiche
scappano da un piede;
il corpo spaccato una zucca matura
interiora
penzolano/gocciolano dalla gabbia toracica
pancia
Ciocca di capelli neri
blu
di nuvole e di fiume
tre penne si spostano nella brezza
La testa…
mancante
calciata via tra gli sterpi
una palla
Nome
ignoto/ignorato
ce ne sono tanti
troppi
Poiane aspettano in cielo
Perché la chiamano la Guerra Indiana?
Non sono gli indiani a volere fiumi
e terra e più pellicce da spedire ai re,
o gole per versarci il whisky.
Perché?
Questo è il mio rapporto. È tutto. Niaweh.”
George Washington: “Town Destroyer”
Flames river the low valleys.
Their music crackles like a kettledrum.
Vines, stalks, orchards on fire.
Melons explode, apples spit sweet
juice
on broken boughs of dying trees.
Horseflesh and pig fume in the morning air.
Barns wither and topple as insane
cows
run wild, flames snorting out
their nostrils
and lambs bleat, their wool a coat
of fire.
Log huts and houses crumble beneath
the forest.
The valleys rise in smoke.
George Washington: “Distruttore di Città”
Fiamme inondano le basse valli.
La loro musica crepita come un timpano.
Viti, spighe, frutteti a fuoco.
Meloni esplodono, mele sputano dolce
succo
sui rami rotti degli alberi morenti.
Carni di cavallo e maiale fumano nell’aria del mattino.
Le stalle seccano e crollano mentre mucche
impazzite
corrono via, soffiando fiamme
dalle narici
e agnelli belano, la lana un manto
di fuoco.
Capanne di tronchi e case si sgretolano sotto
la foresta.
Le valli si alzano in fumo.
Molly
I wish never to live to see
another war.
I’ve gagged on flesh
and chocked on blood.
I’ve seen the bones of my brothers
float in the river,
smelled the stench of their rot.
My nostrils are clogged
with powder smoke.
My arms are weary from the
weight of rifles.
Villages are burned to the ground,
old men pierced on stockade posts.
Women and babies sleep on the
scars of bayonets.
Maggots infest the bed.
General George, town destroyer,
you have won.
Won and accomplished more in your
victory
than you ever dreamed.
Our blood is your breakfast.
The flames of your village smoke
the ham you carve and bring to your lips.
General George, leader of a new
country,
our stars are yours now,
but our blood stains your flag.
Remember we were once
powerful, a formidable nation
now on our knees.
Your hatred controls
our destiny.
May your nation never know
this unbearable loss, this pain,
this exodus from home, the smoking
earth,
the sacred graves of the dead.
I bathe in this river to wash
away the blood of war,
But no water can
wash away
the horrors tattooed
on my flesh.
I pray I shall never smell
the cannons of war again,
nor hear the cries,
nor see the body of a chief
mutilated by hate and fear
and greed.
As your stars, General George, rise
above the many battlegrounds
I want you to remember all those
who died
so that your flag may wave
in tribute.
Molly
Non voglio vivere tanto da vedere
un’altra guerra.
la carne mi ha asfissiato
e il sangue soffocato.
Ho visto le ossa dei miei fratelli
galleggiare nel fiume,
annusato il tanfo del loro putrefarsi.
Le mie narici sono occluse
dal fumo delle polveri.
Le mie braccia sono sfinite
dal peso dei fucili.
I villaggi sono rasi al suolo,
i vecchi impalati sulle palizzate.
Donne e bambini dormono sulle
ferite da baionetta.
Larve infestano il letto.
Generale George, distruttore di città,
hai vinto tu.
Hai vinto e ottenuto di più dalla tua
vittoria
di quanto non avessi mai sognato.
Il nostro sangue è la tua colazione.
Le fiamme del tuo villaggio affumicano
il prosciutto che tagli e porti alle labbra.
Generale George, capo di un nuovo
paese,
le nostre stelle sono tue ora,
ma il nostro sangue macchia la tua bandiera.
Ricorda che una volta eravamo
potenti, una nazione formidabile
ora in ginocchio.
Il tuo odio controlla
il nostro destino.
Possa la tua nazione mai conoscere
questa perdita insopportabile, questo dolore,
questo esodo da casa, dalla terra
fumante,
dalle sacre tombe dei morti.
Mi bagno in questo fiume per lavare
via il sangue della guerra,
ma l’acqua non può
lavare via
gli orrori tatuati
sulla mia carne.
Prego di non dover mai più fiutare
i cannoni di guerra,
né udire le grida
né vedere il corpo di un capo
mutilato da odio e paura
e cupidigia.
Mentre le tue stelle, Generale George, sorgono
sopra i tanti campi di battaglia,
voglio che ricordi tutti
i morti
così che la tua bandiera sventoli
in tributo.
Aroniateka/Chief Hendrick at the Battle of lake George
Mountain pool
eye of this woods
reflects
robin wing
smoke of war camps
the march of angry feet which
ruffle ripples
Here a birch bends
into the clarity
deer takes a drink
fish jumps for flies
Fed by freezing mountain creek
winter snows
young boys swim like brown trout
warriors canoe
women wash clean the innards of fish
for a hot supper
and a general bathes exhausted feet
Mountain pool
eye of this woods
reflects
eagle wing
perched on a pine
a lofty tower
for surveillance
Mountain pool
soon
will reflect
stains of blood
a young soldier’s broken dream
an old man’s scattered vision
reflect
an absent king’s crown
Pool
prism of tomorrow
fragments of history
twisting in the sun
Aroniateka/Capo Hendrick alla battaglia di Lake George
Lago di montagna
occhio di questi boschi
riflette
ala di tordo
fumo di accampamenti
la marcia di piedi rabbiosi che
rimestano increspature
Qui una betulla si piega
nel chiarore
il cervo beve
il pesce salta alle mosche
Nutriti dal gelido torrente di montagna
nevi invernali
ragazzini nuotano come trote
guerrieri pagaiano su canoe
donne puliscono viscere di pesce
per un pasto caldo
e un generale immerge piedi esausti
Lago di montagna
occhio di questi boschi
riflette
ala d’aquila
appollaiata su un pino
un’alta torre
di sorveglianza
Lago di montagna
presto
rifletterà
macchie di sangue
i sogni spezzati di un giovane soldato
lo sguardo sperduto di un vecchio
riflette
la corona di un re assente
Lago
prisma del domani
frammenti di storia
che si torcono al sole
La traduzione di Giorgio Drago è eccellente perché riesce ad esprimere il sentimento dell’autore. La poesia è struggente e richiama i disastri delle colonizzazioni che hanno ucciso non solo i nativi ma anche la loro cultura.